La settimana scorsa è stata diffusa, dalle maggiori testate giornalistiche, sia del web che televisive, la notizia che Papa Francesco vuole cambiare il Padre Nostro.
Se non si può considerare una vera e propria bufala o fakenews, questa notizia appare piuttosto imprecisa, perché non esattamente rispondente alla realtà dei fatti.
La notizia trova la sua origine in una delle puntate del programma di Tv2000 intitolato “Padre Nostro”. Un programma in onda dal 25 ottobre, nel corso del quale Don Marco Pozza, giovane cappellano del Carcere di Padova, incontra noti personaggi laici, del mondo della cultura e dello spettacolo, per riflettere insieme sul significato della preghiera del Padre Nostro. Ogni puntata inizia con un breve colloquio di Don Marco con Papa Francesco.
Il titolo della settima puntata, andata in onda il 6 dicembre, è stata la frase “Non ci indurre in tentazione”. Don Marco ha chiesto al Papa un chiarimento circa il senso di questa frase, visto che credenti e non credenti fanno spesso fatica a comprendere come Dio possa indurci in tentazione.
Papa Francesco ha risposto sottolineando il fatto che questa è una “traduzione non buona”, infatti i francesi hanno cambiato questa frase sostituendola con la frase: non lasciarci cadere nella tentazione. È Satana – ha proseguito il Papa – che ci induce in tentazione, e siamo noi che possiamo cadere nella tentazione, Dio Padre ci aiuta, invece, ad alzarci subito.
Da queste brevi battute, è venuta fuori la notizia che il Papa avrebbe deciso di cambiare la preghiera del Padre Nostro, correggendo questa frase. In realtà “è da secoli che nella Chiesa si discute sull’apparente scandalosità di tale formula”, come scriveva il Cardinale Martini (Il Padre Nostro – Non sprecate parole, Carlo Maria Martini, San Paolo Edizioni 2016). Quindi non è qualcosa che si è inventato il Papa. Del resto già S. Ambrogio traduceva: “non permettere che cadiamo nella tentazione”.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo: “Noi chiediamo al Padre nostro di non «indurci» in essa. Tradurre con una sola parola il termine greco è difficile: significa «non permettere di entrare in», «non lasciarci soccombere alla tentazione». «Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male» (Gc 1,13); al contrario, vuole liberarcene” (n. 2846). Nel Compendio del Catechismo, si spiega che con questa invocazione “domandiamo a Dio Padre di non lasciarci soli e in balia della tentazione” (n. 569).
Occorre, anche, ricordare che, nel 2008, la Conferenza Episcopale Italiana, dopo un lungo lavoro dei biblisti, ha pubblicato la nuova traduzione della Bibbia dove “non indurci in tentazione” è diventato “non abbandonarci alla tentazione” (cfr Mt 6,13 e Lc 11,4). Traduzione già presente anche nei nuovi Lezionari, in uso durante le celebrazioni eucaristiche.
Una traduzione che, a differenza di quella adottata dall’episcopato francese, non solo chiede a Dio di aiutarci a non cadere nella tentazione, ma anche di non abbandonarci, quando già siamo caduti nella tentazione.
Papa Francesco, quindi, non ha fatto altro che riaffermare quanto già ampiamente chiarito all’interno della Chiesa da studiosi e biblisti. Molto probabilmente, l’intenzione del Papa, è di far sì che si compia l’ultimo passaggio che ancora manca: l’uso liturgico nel Messale, cioè l’uso della nuova formula nelle celebrazioni eucaristiche. Quando questo avverrà, la nuova formulazione della preghiera insegnata da Gesù si potrà recitare in tutte le occasioni.
È quello che auspichiamo avvenga presto, perché la versione attuale della preghiera, con quel verbo indurre, non rende adeguatamente il significato dell’invocazione, lasciando un velo di incomprensibilità in quella che è la preghiera più conosciuta nella Chiesa.
San Giovanni Calabria, che leggeva e meditava a lungo il Vangelo, mi ha insegnato che Dio è sempre Padre buono. È Provvidenza! È provvidenza prima di tutto prevenendo il pericolo delle mie cadute e aiutandomi poi a rialzarmi con fiducia. La preghiera del Padre Nostro in questo mi conferma.