All’inizio del libro del profeta Ezechiele viene descritta la visione della gloria di Dio (cfr. Ez 1,1-28). Una visione ricca di immagini maestose che esprimono l’idea di un Dio grande e potente, ma anche piuttosto lontano, che caratterizza tutto l’Antico Testamento.
Un’idea di Dio che spesso e volentieri abita anche l’immaginario collettivo dei nostri giorni. Un Dio potente che interviene con eventi prodigiosi nella vita delle persone. Da quest’idea di Dio scaturisce una visione della fede miracolistica e spettacolare, alla ricerca soprattutto di forti emozioni.
Nel Vangelo, invece, la gloria di Dio si manifesta in Gesù che dona la sua vita per amore. Le visioni spettacolari del profeta Ezechiele lasciano il posto al Figlio di Dio che si consegna nelle mani degli uomini. Non c’è nulla di fenomenale e miracolistico nella morte in croce di Gesù.
Nemmeno la sua Risurrezione mostra gli accenti di un evento prodigioso. Tutto avviene nel silenzio e nel nascondimento del sepolcro. Anche le apparizioni del Risorto sono consegnate all’intimità della casa e dei cuori delle persone semplici che lo avevano conosciuto.
È questa l’immagine di Dio che ci viene consegnata dal Vangelo. È questa la visione della gloria di Dio che siamo chiamati a mostrare a quanti incontriamo sul nostro cammino. Una fede che non fa chiasso, ma silenziosamente e quotidianamente testimonia l’amore di un Dio che si fa vicino.