Gesù, in obbedienza al Padre suo, andava dritto per la sua strada: di villaggio in villaggio annunciava il Regno di Dio. La sua meta era Gerusalemme, perché lì si sarebbe compiuto il progetto del Padre: la passione, la morte e la risurrezione.
Gesù ha camminato guardando sempre avanti, sempre proteso alla realizzazione di questo progetto d’amore del Padre. Sul suo cammino, però, ha spesso incontrato persone che, pur camminando in avanti, avevano lo sguardo rivolto indietro, al passato.
Un giorno, in particolare, proprio a Gerusalemme, alcuni sadducèi andarono da lui, non tanto per avere delle risposte, quanto piuttosto per cercare di metterlo in difficoltà (cfr. Lc 20,27-38)
I sadducèi erano degli studiosi, persone molto intelligenti e preparate, che però non credevano alla risurrezione dei morti. Si presentarono, quindi, da Gesù per chiedergli spiegazioni circa alcune prescrizioni stabilite da Mosè.
Il loro intento era dimostrare la loro tesi, facendo un uso distorto della Sacra Scrittura e piegandola alle loro idee. In fondo, i sadducèi erano dei tradizionalisti: attaccati al passato, non erano aperti al nuovo.
Gesù li invitò a guardare avanti, a comprendere che questo attaccamento al passato, non consentiva loro di avere una prospettiva eterna, di accogliere un’esistenza aperta ad una vita nuova e gloriosa.
Facciamo attenzione, perché anche oggi, nel popolo cristiano, ci sono dei sadducèi, cioè delle persone tradizionaliste, così legate al passato da non riuscire ad accettare che il mondo va avanti e la Chiesa è chiamata anch’essa ad andare avanti, seguendo il soffio dello Spirito.
Fanno fatica ad accettare l’insegnamento di Papa Francesco, dimenticando che è lo Spirito che lo ha chiamato a guidare la Chiesa. Non si tratta di rinnegare il passato, quanto di aprirsi a nuove prospettive, che inevitabilmente si presentano perché cambia il mondo attorno a noi.
Restare legati, ad esempio, alla celebrazione della messa in latino, è semplicemente anacronistico. Nessuno capirebbe nulla e la Chiesa si allontanerebbe sempre di più dalle persone. La Chiesa guarda avanti, costruisce ponti, come quello costruito tra il sacerdote e i fedeli con la liturgia in italiano.
Anche con le persone siamo chiamati a costruire ponti, a stabilire relazioni, perché abbiamo molto più da ricevere che da dare. In ogni persona c’è una ricchezza di cuore, di anima, di fede che può arricchire il nostro cuore.
Chi ha lo sguardo rivolto al passato, vede nello straniero soltanto una minaccia, riportando il mondo indietro fino ai tempi delle invasioni ottomane ed ecco che si costruiscono i muri, si chiudono i porti.
Guardare avanti significa, invece, vedere gli stranieri come portatori di doni, di tante qualità. Hanno tanto da insegnarci, come noi a loro, per uno scambio reciproco che ci aiuta a crescere.
Preghiamo il Signore, perché mandi lo Spirito Santo ad aprire i nostri cuori e le nostre menti, per non rimanere legati al passato, ma per guardare avanti.