Abramo e Sara avevano una spina nel cuore: ormai anziani, erano senza figli e per loro essere una coppia sterile era una grande umiliazione. Un giorno tre uomini si presentarono presso la tenda di Abramo (cfr. Gn 18,1-10) ed egli, invece di concentrarsi sul suo problema, scoprì che poteva ancora essere utile a qualcuno, dando ospitalità a quelle persone.
Abramo, nonostante la sua sofferenza, ebbe la forza di superare la sua paralisi e fece il massimo per rendere contenti i suoi ospiti e servirli nel modo migliore. Alzando gli occhi verso l’altro, vide aprirsi davanti a lui uno scenario completamente nuovo.
Abramo e Sara, aprendo il loro cuore all’accoglienza dell’altro, scoprirono di aver ospitato Dio, ma soprattutto capirono di essere stati da Lui ospitati. Dio aveva accolto la loro preghiera e il loro dolore e li aveva fatti diventare gioia di una vita nuova. Infatti, Dio aveva mantenuto la promessa di donare un figlio ad Abramo, facendo diventare fecondo il seno di Sara.
Spesso anche noi corriamo il rischio di essere troppo concentrati sulle nostre sofferenze, sui nostri problemi, allora la vita è come paralizzata, non si muove più, non è aperta alla speranza. Siamo tentati di chiudere gli occhi, perché guardare verso il futuro comporta anche un certo rischio, mettersi a disposizione comporta anche perdere qualcosa.
Nel momento di massima sterilità della nostra vita, quando ci sembra di non riuscire più a fare niente di bene, di non aver più gioia nel cuore, come Abramo mettiamo le ali, dando fiducia al Signore. Aprendo il cuore all’ospitalità dell’altro, scopriremo una speranza nuova: se ospitiamo Dio nella nostra vita, ci accorgiamo che è Lui che ci ospita nel suo cuore e ci fa dei doni e delle grazie meravigliose.