#PAUSEforPeace (una pausa per la pace) questo l’hastag lanciato nelle ultime ore su Twitter dal Pontificio Consiglio della Cultura affinché venga osservato un minuto di silenzio durante la finale del Mondiale di Calcio che si giocherà domani a Rio de Janeiro. Un minuto di silenzio per ricordare tutti i conflitti in corso e per auspicare un cessate il fuoco, così come avveniva anticamente in occasione delle Olimpiadi.
“Gli sport – ha detto il capo della sezione Cultura e Sport – sono nati attorno alle festività religiose. Gli eventi sportivi erano momenti di pace, durante i quali le guerre cessavano, come accadeva per la tregua Olimpica. Perché non fare lo stesso per la Coppa del Mondo, perché no una pausa, un momento di silenzio, una tregua per la pace?”.
Al tempo stesso, Papa Francesco, in uno dei suoi ultimi tweet, si augura che lo sport possa favorire sempre la cultura dell’incontro.
Ci uniamo anche noi alle iniziative di questi giorni nate in Vaticano, e all’instancabile preghiera che, in questi ultimi tempi, il Papa rivolge a Dio affinché in Terra Santa si possa ritrovare la via del dialogo. E non solo lì, ma anche in tante altre parti del mondo, dove l’unica parola è lasciata alla violenza e al rumore assordante delle armi.
Poco più un mese fa, Papa Francesco era riuscito nel suo intento di far incontrate nella preghiera i rappresentanti politici dello Stato di Israele e di quello palestinese. In quell’incontro aveva chiesto a Dio di intervenire affinché aiutasse gli uomini, incapaci da soli di risolvere i conflitti, a ritrovare la via della pace. In quell’occasione il Papa sottolineò che è possibile cancellare l’odio con una sola parola: fratello e per far questo è necessario riconoscersi figli di un unico Padre. (cfr. Invocazione per la Pace – 8 giu 2014- Giardini Vaticani)
I suoi appelli e le sue preghiere, oggi, sembrano persi nel vuoto lasciato dalle bombe e dai missili, che oscurano i cieli della Terra Santa, versando sangue innocente: il sangue di tanti bambini, ragazzi, uomini e donne che non hanno altro desiderio che vivere una vita felice.
Eppure proprio Papa Francesco, con le sue parole e con la sua testimonianza di vita, ci invita a non perdere mai la fiducia in Dio, che può trasformare la notte in alba radiosa.
Di fronte ai conflitti che insanguinano terre lontane, non lasciamo che il nostro cuore resti indifferente. Se non possiamo andare in Terra Santa a mettere pace tra ebrei e palestinesi, cerchiamo di mettere fine ai tanti piccoli e grandi conflitti che turbano la serenità delle nostre vite.
Diveniamo ogni giorno operatori di pace perché, come è scritto nel Vangelo, solo così saremo figli di Dio, capaci di riconoscere nell’altro un fratello.
Tempo fa, Papa Francesco, in una delle sue omelie a Santa Marta (Meditazione Mattutina del 18 giugno 2013), diceva che, anche se è difficile, e a volte sembra impossibile, occorre amare anche i nostri nemici. “Anche noi, tutti noi, abbiamo nemici, tutti. Alcuni nemici deboli, alcuni forti. Anche noi tante volte diventiamo nemici di altri; non vogliamo loro bene. Gesù ci dice dobbiamo amare i nemici”. Di fronte ai tanti drammi che segnano l’umanità è difficile fare questa scelta: come si può amare, infatti, quelli che prendono la decisione di fare un bombardamento e ammazzare tante persone? Come si può amare chi, per partito preso, impugna una pistola e spara ad un’altra persona solo perché tifoso di una squadra avversaria?
“Ma Gesù ci chiede di amare i nemici. Come si può fare? Gesù ci dice: pregate, pregate per i vostri nemici. La preghiera fa miracoli e ciò vale non solo quando siamo in presenza di nemici; vale anche quando nutriamo qualche antipatia, qualche piccola inimicizia. E allora bisogna pregare, perché è come se il Signore venisse con l’olio e preparasse i nostri cuori alla pace”.
Sì preghiamo, preghiamo perché il Signore ci conceda in dono la pace e non lasci che coviamo nei nostri cuori sentimenti di rabbia e di vendetta di fronte a tanti fatti di sangue che talvolta offuscano anche il colore degli eventi sportivi. Preghiamo perché lo sport possa restare sempre una occasione di incontro e non di scontro. Per fare la pace, per perdonare ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra, per gridare alla vendetta. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro… e tu ce l’hai questo coraggio? Non avere paura!
A volte le persone mi dicono che sono timide, che non sanno parlare, che si vergognano, che non sentono bene, ecc. Per questo motivo non prendono nessuna iniziativa, nemmeno per intonare il rosario. Sono cristiani bravi, buoni, ma che vanno a rimorchio. Gesù ci ha chiesto di mettergli a disposizione i cinque pani e i due pesci (cioè il poco che abbiamo) con fiducia in lui. Allora questo poco non solo non è da sottovalutare ma È PROVVIDENZA DI DIO. Per il prossimo anno spero che sempre più cristiani abbiamo il coraggio di osare la generosità.
Non posso sperare la pace se non osando molto nel chiederla