Il Vangelo che abbiamo ascoltato nella quinta ed ultima domenica del Tempo di Quaresima è uno dei brani più scandalosi dei quattro vangeli.
Scandaloso non perché si parla dell’adulterio, quanto piuttosto perché si parla della sovrabbondante misericordia di Dio.
Un brano tanto scandaloso da non essere incluso nei Vangeli, se non dopo circa tre secoli dalla redazione dei primi testi.
Un brano omesso dal Vangelo di Luca, al quale molto probabilmente in origine apparteneva, che ha ritrovato il suo diritto di cittadinanza nel Vangelo di Giovanni, dal quale si differenzia, in parte, per lo stile e il vocabolario utilizzato.
Ma perché tanta difficoltà ad accoglierne il messaggio? Perché è così inaccettabile il comportamento di Gesù, non solo per i suoi oppositori, ma anche per le stesse comunità cristiane?
L’episodio narrato è fin troppo noto a tutti, tant’è che una frase in esso contenuta è diventata di uso proverbiale: chi è senza peccato, scagli la prima pietra (cfr Gv 8,1-11).
I protagonisti
Da un lato gli scribi e i farisei, invidiosi del successo che Gesù conquistava tra le folle, erano sempre in cerca di pretesti per accusarlo e toglierlo di mezzo.
Dall’altro lato, una donna, scoperta in flagrante adulterio. Mille dita puntate contro. Un giudizio su di lei che non poteva conoscere appello. La Legge era chiara, donne come quella meritavano un’unica condanna: la lapidazione.
Non c’era altro da aggiungere. L’avevano già condannata, etichettandola nel peggiore dei modi. Non un nome né una storia.
Del resto anche noi, nel nostro immaginario collettivo, l’abbiamo ormai catalogata identificandola soltanto con il suo peccato.
Un po’ troppi “forse“
Forse era poco più che una ragazzina, visto che la lapidazione era prevista nel caso in cui una fanciulla, fidanzata ufficialmente, avesse avuto una relazione con un altro uomo (cfr Dt 22,23-24) e all’epoca, per le ragazze, il fidanzamento avveniva a dodici anni.
Forse era stata costretta a sposare un uomo che neanche conosceva, visto che i matrimoni erano gestiti dalle famiglie e che gli sposi si conoscevano solo il giorno dello sposalizio, nel quale veniva stipulato il contratto e poi si sarebbero rivisti dopo un anno per le nozze.
Forse aveva solo scelto di amare, invece di sottostare alla legge e alle tradizioni. Forse aveva cercato, semplicemente, di seguire il suo cuore, nel vano tentativo di sottrarsi alle regole di una società nella quale non le veniva riconosciuto alcun diritto.
Tutti questi “forse“, in fondo, ci fanno capire che, per quanto fosse fin troppo evidente il suo peccato, giudicarla e condannarla secondo quell’evidenza era pur sempre un atto sommario, così come sempre avviene quando ci si concentra sui precetti, senza tener conto delle persone concrete.
Il coraggio di guardare oltre
La vita di quella ragazza, per i suoi accusatori non valeva nulla, tornava utile soltanto per avere un pretesto per accusare Gesù.
Lei era lì nel mezzo. Nessuno più la guardava negli occhi, nessuno più la vedeva, perché tutti erano ormai concentrati solo sul suo peccato e sull’osservanza rigorosa della Legge.
Gesù era lì, non le puntava il dito contro, ma scriveva per terra. Forse pensava ad un’altra giovane donna che, quand’era ragazza, senza colpa alcuna, avrebbe potuto finire, anche lei, sotto la minaccia di un giudizio senza appello.
Gesù non si fermò a quell’etichetta appiccicata addosso. Andò oltre, per guardare nel suo volto di donna il volto di una madre, di una sorella, di una figlia amata dal Padre.
Scandalosa misericordia
Scandalosa e disarmante la misericordia di Dio che, nonostante tutto, riesce sempre a vedere, al di là delle nostre miserie, la bellezza che c’è in ognuno di noi.
Che cosa scriveva Gesù per terra? Forse ricordava a quegli accusatori che nessuno di loro, in fondo, poteva dirsi senza peccato.
Forse metteva in risalto tutte le qualità e le potenzialità di quella donna, convincendo, chi la stava condannando, che occorre sempre dare un’altra possibilità, perché il cambiamento è sempre possibile.
Mentre ci mostra il volto misericordioso del Padre, questo Vangelo ci dona di poter vedere con occhi nuovi anche il volto di coloro che, troppo spesso, etichettiamo, inesorabilmente, con i nostri giudizi senza scampo.
È sì, questo Vangelo è scandaloso, perché ci costringe a rinunciare ai nostri processi sommari; ai nostri giudizi affrettati, che non tengono conto del vissuto delle persone; alle condanne senza appello, che riserviamo a chi non corrisponde alle nostre aspettative.
Ci costringe, anche, a lasciar perdere quei giudizi inesorabili che rivolgiamo a noi stessi, che ci paralizzano, ci schiacciano a terra, togliendoci il coraggio e la forza di osare il cambiamento.
Sì, questo Vangelo è scandaloso, perché ci racconta di un Dio che ci offre la possibilità del suo perdono, anche quando non ci siamo ancora incamminati sulla via del pentimento, ma siamo inchiodati a terra dalle nostre fragilità.
E allora con coraggio, scriviamo anche noi, nella nostra vita, questa scandalosa pagina di Vangelo: accogliamo il sovrabbondante perdono di Dio, riconciliandoci con il nostro passato, ed osiamo incamminarci verso una vita nuova.
C’è sempre la possibilità di ricominciare… per me… per te… per gli altri… Concediamola a noi stessi e agli altri.
E tu dove sei in questa scena?
Sei una persona sempre pronta a puntare il dito contro gli altri, giudicando e condannando tutto e tutti?
Oppure sei una persona schiacciata dal peso del giudizio degli altri o paralizzata dai suoi stessi giudizi, che si è condannata da sola?
Sei consapevole che Dio ti perdona sempre e sempre ti dona la possibilità di ricominciare?
Se considero gli altri in una visione superficiale sono molto condizionata dai miei schemi mentali, che mi inducono ad emettere giudizi senza elementi validi per farlo e a puntare il dito, esasperando mancanze e difetti altrui.
Questo spiega il perché, al mio interno si scatenano pulsioni fortissime, a stento controllabili, quando qualcuno non rientra nei criteri da me stabiliti; e allora sono travolta da una rabbia irrefrenabile o da meccanismi contrastanti di superiorità o inferiorità che generano, a loro volta, arroganza, sufficienza, frustrazione, sensi di colpa.
A ben riflettere, quello che mi viene rimandato dalla relazione con gli altri, mi riporta, come in uno specchio, al rapporto con me stessa; quella guerra che si innesca dentro di me è solo sollecitata dall’esterno e mi ricorda che c’è un’altra parte di me, più profonda, con cui devo fare i conti, che vuole vivere, venir fuori e non è disposta ad essere repressa e ostacolata proprio da me, anche perché lì è riposto quanto di più bello e autentico il Signore mi ha donato.
Fino a quando, quindi, continuerò ad oppormi a ciò che di più prezioso c’è in me non avrò pace e me la prenderò col mondo intero.
Devo perciò essere grata agli altri se mi fungono da cassa di risonanza e soprattutto al Signore che, sia pure attraverso un percorso tormentato, tuttora in atto, mi dà la possibilità di fare poco alla volta luce sulle mie tante zone d’ombra.
Grazie Gesù
In questo brano di Giovanni mi sento molto coinvolta, perché fino ad un po’ di tempo fa in questa scena mi sono sempre ritrovata a puntare il dito con i miei giudizi, senza pensare di mettermi nei panni di chi mi sta di fronte.
Poi, da quando sono cominciati gli incontri e le nostre catechesi, tutto si è capovolto. Ho cominciato a capire come si prega, come si legge, ma soprattutto come si ascolta la parola di Dio, con la consapevolezza di riuscire a cambiare in me quello che non va come vorrei.
Pian piano sto imparando anche a non interessarmi più di ciò che gli altri possano pensare di me, del giudizio che possono avere riguardo ai miei comportamenti.
Devo solo imparare a non condannarmi più da sola, amandomi perché Gesù mi ama così come sono e non mi condanna, mi perdona e mi dà sempre la forza di superare tutto ciò che mi si presenta.
Grazie Gesù perché in ogni giorno della mia vita imparo a conoscerti e amarti sempre di più.