Con il racconto della Torre di Babele (cfr Gn 11,1-9), la Parola di Dio ci da un messaggio chiarissimo: l’orgoglio crea divisione.
Gli uomini, che parlavano una sola lingua, che erano amici, che condividevano la stessa storia, le stesse difficoltà, le stesse prospettive, ad un certo punto decisero di competere con il Signore.
L’immagine della torre che tocca il cielo sta a significare questo desiderio degli uomini di sostituirsi a Dio, di decidere da soli ciò è giusto e ciò che è sbagliato. Questa presunzione di essere come Dio crea incomprensione: si confondono le lingue e non si riesce più a capirsi e ad andare d’accordo.
Questa torre la costruiamo quando vogliamo sentirci migliori degli altri. Giorno dopo giorno, mattone su mattone, dentro di noi si crea come una corazza e questo crea divisione, soprattutto all’interno delle nostre famiglie.
Il Signore, allora, ci viene in aiuto, per impedire che avvenga questa divisione. Con il dono dello Spirito Santo, diventa presente, come amore, nelle nostre vite: allora i contrasti si sanano, le ferite si rimarginano, le divisioni scompaiono.
Se l’orgoglio divide, l‘amore è la colla che unisce le persone, anche persone lontane, che parlano lingue diverse. L’amore è la luce che ci aiuta a riconoscere gli altri come doni di Dio. Il linguaggio dell’amore, della solidarietà, della vicinanza, del perdono è un linguaggio che tutti comprendono.
Ecco perché, nel giorno di Pentecoste, le persone, provenienti da ogni nazione che è sotto il cielo, udirono gli Apostoli, colmati di Spirito Santo, parlare in una lingua che tutti erano in grado di comprendere (cfr. At 2,1-11). Lo Spirito Santo aveva dato loro il potere di esprimersi in una lingua universale: la lingua dell’amore.
Ricolmi dello Spirito Santo, anche noi, siamo chiamati a parlare sempre la lingua dell’amore nelle nostre famiglie, nel nostro quartiere, nella nostra città per costruire, non inutili torri, ma ponti di unità e di accoglienza.