“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.” (Gv 1,14): sono queste le parole utilizzate dall’evangelista Giovanni, nel Prologo del suo Vangelo, per spiegare l’incarnazione del Figlio di Dio.
Gesù come lievito, come seme, si è incarnato nella nostra storia, si è vestito di carne per immergersi nella nostra storia umana, fatta di tante contraddizioni.
Nello stesso Vangelo, è Gesù stesso che, parlando alla folla, utilizza questa immagine della carne, dicendo: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui” (cfr Gv 6,51-58).
Un discorso molto duro, che anche i discepoli fecero fatica a comprendere e ancor meno i Giudei, che si chiedevano come potesse dar loro la sua carne da mangiare. Parole dure che anche noi, dopo duemila anni, molto probabilmente non comprendiamo chiaramente.
Eppure, ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha vissuto questa esperienza di nutrirsi della carne e del sangue di un’altra persona.
Infatti, prima di venire al mondo, nei circa nove mesi in cui siamo rimasti nel grembo di nostra madre, ci siamo letteralmente nutriti del suo sangue. Per poter vivere e crescere, siamo dovuti rimanere intimamente legati a lei, mangiandola cioè nutrendoci grazie a lei.
È questo che Gesù vuole dirci quando ci invita a mangiare la sua carne per poter restare uniti a Lui ed avere la vita. È come se Lui fosse nostra madre e ci invitasse a nutrirci del suo Corpo e del Suo Sangue per poter crescere forti e sani nella fede.
Preghiamo il Signore affinché ci aiuti a comprendere questo grande mistero ed accresca in noi il desiderio di mangiare la sua carne, nella Parola e nell’Eucaristia, perché Lui rimanga in noi e noi in Lui.