Gli apostoli, di ritorno dalla missione che Gesù aveva loro affidato, si riunirono attorno al Maestro e raccontarono tutto quello che avevano fatto e insegnato (cfr. Mc 6,30). Gesù, mentre ascoltava i loro racconti, si rese conto che erano stanchi ed affaticati e li invitò a fare un movimento: a spostarsi da quel luogo in un altro luogo, per riposare. Leggiamo, infatti, nel Vangelo di Marco che “andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte” (Mc 6,32).
Gesù e gli apostoli passarono da una situazione che aveva procurato loro stanchezza ad una situazione che consentiva loro di poter riposare. Questo movimento è un esodo: un passaggio da una situazione, dove magari non si sta bene, dove si fa fatica, ad un’altra situazione dove si spera di trovare quello che manca. Così come nel Libro dell’Esodo, leggiamo che Mosè e il popolo d’Israele uscirono dall’Egitto, dalla situazione di schiavitù per andare verso la Terra Promessa, verso una situazione di libertà.
Anche nella nostra vita siamo spesso chiamati a compiere questo esodo, questo passaggio: quando è necessario uscire da una situazione di sfiducia, di rabbia, di impotenza, per ritrovare la speranza oppure quando abbiamo bisogno di cambiare certe nostre convinzioni, di cambiare mentalità. È un cammino difficile, molto spesso avvolto nella nebbia, nel quale però occorre avere sempre fiducia che Gesù cammina con noi e ci guida verso una gioia rinnovata.
In questi giorni, la parola ‘esodo‘ è, purtroppo, tragicamente legata all’esodo di tante persone che, lasciando la loro terra, partono verso l’ignoto, alla ricerca di una situazione di vita migliore e lo fanno rischiando la vita. Non possiamo restare indifferenti di fronte al coraggio di quanti arrivano nel nostro paese e al dolore dei tanti che vedono i loro sogni naufragare nel fondo del mare.
Ma in questo tempo d’estate, la parola ‘esodo‘ è anche legata alle ferie di agosto, quando, chi può, si sposta in un’altra località, per qualche giorno o anche solo per poche ore, per trascorrere le vacanze. Spesso, però, andare in vacanza diventa sinonimo, non di riposo, ma di maggiore stress: ci sono persone che tornano dalle vacanze più stanche di quando sono partite.
Gesù, ascoltando i discepoli di ritorno dalla loro missione, ci insegna che andare in vacanza significa riposare e stare insieme alle persone care e raccontarsi storie belle e positive, raccontare della fatica fatta per portare avanti bene la propria vita, la propria storia e la propria famiglia.
Ma, anche nel riposo, Gesù e i suoi Apostoli non perdono il contatto con la compassione. Scrive infatti l’evangelista Marco che Gesù, sceso dalla barca, vide una grande folla, che li aveva preceduti in quel luogo deserto, ed ebbe compassione di loro (cfr. Mc 6,34). Gesù si preoccupa della stanchezza degli Apostoli e si prende cura di loro, invitandoli al riposo, ma al tempo stesso insegna loro a prendersi cura degli altri.
Gesù ci insegna, allora, che andare in vacanza per riposare non vuol dire perdere quella sensibilità di cuore, quella semplicità di spirito che ci spinge ad andare incontro alle persone che ne hanno bisogno. Prendersi cura vuol dire vedere le necessità che l’altra persona ha, i suoi bisogni, le sofferenze che nasconde nell’animo e dedicare a questa persona del tempo, semplicemente restandole accanto in silenzio, senza bombardarla con tante domande o spiegazioni non richieste, basta la vicinanza. Gesù, Buon Pastore ci insegna lo stile della compassione: farsi prossimo dell’altro mettendoci il cuore, per diventare pastori gli uni degli altri.
Buone vacanze, buon riposo, buon esodo, ma anche buona scuola: riposiamo, raccontiamoci storie belle e positive, che ci fanno stare bene, e impariamo da Gesù cosa significa la compassione.