Gesù e gli Apostoli in cammino lungo le strade della Palestina: un cammino fatto di incontri, un viaggio alla scoperta della vita e dei mondi degli altri. Un cammino che, per gli Apostoli, diventa scuola di vita: le parole e i gesti di Gesù interrogano la loro vita, il loro modo di pensare così diverso da quello del Maestro.
Gesù parla della sua passione e della sua morte a Gerusalemme mentre i discepoli pensano chi tra loro è il più grande (cfr. Mc 9,30-37).
Gesù incontra tutti e a tutti rivolge il suo sguardo d’amore, mentre i discepoli incontrano persone che fanno del bene e glielo impediscono, perché la pensano in modo diverso da loro (cfr Mc 9,38-40).
Che fatica, per Gesù, aiutare i discepoli a compiere questa conversione del cuore: aiutarli a pensare e ad agire secondo la mentalità di Dio.
Come i discepoli, anche noi pensiamo di essere migliori degli altri ed agiamo di conseguenza: sempre centrati su noi stessi, sempre in concorrenza con gli altri.
Anche quando facciamo il bene, il centro non è la persona che stiamo aiutando, ma noi. E quando vediamo qualcun’altro che fa del bene, e in qualche modo ci ruba la scena, siamo pronti a puntare il dito contro.
Con la forza della sua Parola, Gesù invita ciascuno di noi a questo cambiamento: passare dal nostro modo di vedere, di giudicare, di credere al modo di vedere, di giudicare di Dio. Per questo Gesù, nel Vangelo (cfr. Mc 9,35-37), usa tre parole per descrivere chi è lui e chi dovremmo essere noi.
Sono tre parole che tracciano il cammino da percorrere per cambiare mentalità ed imparare a pensare ed agire come Gesù.
Ultimo. Gesù si è fatto ultimo. Lui il Figlio di Dio si è fatto uomo, si è messo all’ultimo posto. Si è fatto ultimo, fino a morire in croce per noi, perché noi potessimo andare avanti, progredire, vivere nella pace, liberi dai peccati.
È quello che chiede a ciascuno di noi: la saggezza di essere ultimo. Considerarsi ultimi vuol dire: essere disponibili a lasciare spazio agli altri, lasciare che gli altri vadano avanti, siano al centro dell’attenzione perché sono più piccoli, sono più poveri.
Servo. Gesù è stato a servizio nostro e come cristiani dovremmo imparare, ogni giorno di più, ad essere a servizio degli altri. Essere servi vuol dire guardare con un occhio di bontà le esigenze degli altri, soprattutto dei più piccoli.
Che bella una comunità dove ciascuno non cerca di apparire, di essere il primo, ma invece è disponibile a fare tanti piccoli servizi per servire gli altri.
Bambino. Gesù è bambino nel senso che desidera essere accolto nei fratelli più deboli. Gesù ci insegna che, se accogliamo i più piccoli, gli svantaggiati, i poveri di libertà, di cose materiali, di titoli di studio… accogliamo Lui.
Essere ultimi, essere servi, essere bambini significa lasciarsi avvolgere dalla tenerezza dell’abbraccio della Trinità. In questo dolce abbraccio riconosciamo che: Dio Padre ci ama tutti come suoi figli; Gesù, il Figlio Amato, ci insegna che non abbiamo nemici, perché siamo tutti fratelli; lo Spirito Santo, amore di Dio, ci tiene uniti gli uni agli altri e tutti ricolma della ricchezza dei suoi doni.