In tutte le culture, la festa di nozze è segno di felicità, di fratellanza. Per questo motivo Gesù, parlando del Regno dei cieli, lo paragona ad una festa di nozze che un re prepara per suo figlio (cfr Mt 22,1-14). L’immagine del banchetto nuziale esprime il desiderio di Dio di condividere con l’uomo la Sua gioia.
Nella parabola, i primi ad essere invitati sono coloro che sono i più vicini: amici, conoscenti, parenti. Ma tutti rifiutano quell’invito, perché hanno altro da fare.
Certe volte, le persone più vicine al Signore, quelle che dovrebbero dare l’esempio, quelle che dovrebbero dire subito di sì ed aiutare anche gli altri ad avvicinarsi al Signore, rispondono di no.
Il re manda, allora, a chiamare altri invitati, ma anche questi, presi da tanti affanni della vita, veri o presunti, dicono di no: non hanno tempo da perdere.
Anche questa è l’immagine di chi, a volte, campa delle scuse fasulle, per non rispondere al Signore. Egli, allora, si inventa una cosa totalmente nuova: invita gli ultimi, quelli senza importanza, gli emarginati, i poveri.
Il Signore apre le porte a tutti, nessuno è escluso, perché Egli non vede i nostri peccati, ci vede suoi figli e vuole fare festa con tutti. Coloro che partecipano al Suo banchetto, non sono migliori degli altri, hanno semplicemente accolto l’invito del Signore a partecipare alla Sua gioia.
Il Signore ci invita ad entrare in una relazione profonda con Lui. Una relazione fatta di intimità e di comunione, di accoglienza del Suo modo di pensare, di collaborazione ai Suoi progetti, di condivisione dei doni da Lui ricevuti.
Solo così potremo davvero essere partecipi della Sua gioia e riusciremo ad avere un cuore grande come il Suo, capace di accogliere tutti, nessuno escluso.
Allora, anche le nostre relazioni saranno fonte di gioia, perché saremo capaci di vivere non pensando solo a noi stessi, in quell’individualismo nel quale la società moderna vuole confinarci, ma come persone capaci di fare festa nel cuore, aperte e disponibili verso tutti.