Gesù nel Vangelo dice: “Io sono la vite voi i tralci” (Gv 15,5). Questa parola è rivoluzionaria.
Egli sta parlando ai suoi discepoli, a persone abituate ad ascoltare quanto scritto nella Bibbia, dove, più volte, viene usata l’immagine della vigna come simbolo del popolo d’Israele: Dio è l’agricoltore che ha cura della vigna, cioè del suo popolo (cfr. Is 5,1-7).
Gesù invece dice: “Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore. Io sono la vite, voi i tralci” (cfr. Gv 15,1.5). Egli riprende l’immagine della vigna utilizzata dai Profeti per parlare del popolo di Dio e ne rivoluziona il significato.
Infatti, mentre nell’Antico Testamento c’era da un lato Dio e dall’altro il suo popolo, Gesù dice di essere Lui la vite: pur essendo Dio, pur potendo dire “Io sono l’agricoltore, voi siete la mia vigna”, si è abbassato per essere vigna con noi, si è fatto vicino a noi e ha detto: “Io sono la vite!” quasi a dire: “Io vite, se non ci foste voi tralci, non potrei fare l’uva. Io, senza di voi, non posso portare frutto. In questo mondo potrei fare tutto, ma non posso fare niente senza il vostro aiuto”.
La bellezza e la novità di questa parola rivoluzionaria è che Gesù non ha voluto prendere le distanze da noi, ma ha voluto mettersi al nostro livello perché noi potessimo avere la vita, cioè la salvezza. Ma ancora più rivoluzionario è il fatto che Gesù ha voluto avere bisogno di noi per compiere, con noi, la Sua opera di salvezza e donare al mondo i frutti dell’amore del Padre.
Ringraziamo Gesù perché si fa vite per noi e accetta che noi siamo suoi tralci. Restiamo uniti a Lui, amando con i fatti e non con le parole, perché senza Gesù ed il suo amore non possiamo far nulla.